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Nell' analisi visiva sono due, praticamente riguardano l'aspetto estetico del piatto cioé i suoi colori ma anche la disposizione . Il detto che l'occhio vuole la sua parte vale ancora di più per il cibo che per il vino. Una cosa è se vi servono delle fette di prosciutto arricciate, con una fogliolina profumata accanto su un piatto di portata elegante, un'altra è se lo stesso prosciutto vi viene servito nella stessa carta in cui è avvolto. Quindi l'aspetto del cibo è fondamentale, ci invita a mangiare, ci dà il benvenuto informandoci che il cuoco ci sa fare, oppure ci può respingere.
Nell' analisi olfattiva abbiamo i profumi di cottura che sono variegati, particolari, ci possono essere sensazioni di qualunque tipo, e poi c'è l' aromaticità naturale perché tutti gli alimenti hanno un proprio profumo.
Quindi non solo esistono i profumi di cottura che la fiamma del fuoco, il vapore, la brace attirano sul cibo ma soprattutto quella che è l'aromaticità naturale del cibo a crudo.
Altra cosa importante da valutare nei profumi è la temperatura: per il vino la temperatura di degustazione va da un minimo di 6°C fino a 18°C, ma il cibo possiamo mangiarlo dagli 0°C (es: gelati) fino ad arrivare ai 40°C (es: brodo). La temperatura più alta o più bassa influisce come sappiamo sulla percezione delle sensazioni, sulla volatilità dei profumi, sull'intensità e sulla persistenza degli aromi ed in particolare bisogna tener presente che le temperature molto basse o molto alte di un cibo non sono abbinabili al vino perché entrambe portano all'atrofia parziale e temporanea delle papille gustative e tattili dell'apparato boccale. E' molto meglio l'acqua che riporta ad una normale temperatura la nostra lingua per far scorrere nuovamente il vino.
L'aspetto visivo insieme all'olfatto nel cibo influiscono in un modo incredibile sulle nostre sensazioni gusto-olfattive. Tutti sanno cos'è l' acquolina in bocca , quella sorta di secrezione ghiandolare che si forma in bocca quando noi sentiamo l'odore del pane appena sfornato, o di una frittura, o di un arrosto speziato, e sentiamo sensazioni di appetito anche se abbiamo già mangiato. E' una reazione puramente nervosa ma naturale. Questa acquolina è parte integrante della succulenza stessa del cibo.
L'esame visivo e quello olfattivo restano certamente validi nella scelta di un vino, ma per l'abbinamento con un cibo ci serve soprattutto l' esame gustativo. Come per il vino anche per il cibo abbiamo i quattro sapori fondamentali che sono il dolce sulla punta della lingua, l' acido ed il salato sui lati, e l' amaro sul fondo, con in più le sensazioni di grasso e untuoso , due sensazioni tattili di natura diversa: entrambe vanno ad impastare la lingua, coprono e inibiscono le nostre capacità sensoriali nell'ambito della bocca (nel caso dell'untuosità quasi totalmente, per la grassezza solo parzialmente).
C'è poi l' aromaticità naturale del cibo che si può aumentare a crudo oppure a cotto con le erbe aromatiche, le spezie e le droghe, che hanno sempre funzioni di copertura dei sapori, o arricchimento, o protezione igienica perché distruggono la flora batterica che può danneggiare l'alimento.
Infine abbiamo la persistenza gusto-olfattiva , cioè quanto a lungo dopo la masticazione e la deglutizione il sapore del cibo si mantiene all'interno della bocca. Anche qui ci sono dei cibi che restano talmente a lungo che ci obbligano a ripulire la bocca per passare ad altre preparazioni, altri invece che scompaiono quasi immediatamente.
L'elemento della persistenza del vino e quello del cibo è uno degli elementi di analogia , cioè se il vino ha una lunga persistenza deve essere abbinato ad un cibo cha ha la stessa identica persistenza. Al contrario una persistenza poco percettibile come quella di una bistecca non si deve accompagnare ad un Brunello che è troppo persistente, si deve andare invece su un Chianti leggero ad esempio dei Colli Senesi che è morbido, meno strutturato e soprattutto meno persistente.
Le componenti gustative che ci interessano di più nel vino sono queste:
Queste percezioni danno in bocca soprattutto sensazioni di freschezza e pulizia . L'acidità è una componente che conferisce pulizia. L'effervescenza è un carattere rafforzativo dell'acidità.
Hanno funzioni diverse. Oltre a conferire una buona struttura al vino danno alla bocca note disidratanti e creano astringenza .
Danno insieme la piacevolezza del vino
I parametri di valutazione sensoriale del cibo si possono invece riassumere in due insiemi:
Ci riferiamo ai grassi solidi , cioè a quelli che danno una percezione solida tra lingua e palato. Il grasso per eccellenza è il burro , un altro importante è il lardo, che dànno quella sensazione pastosa in bocca perché non si sciolgono subito. Anche il cioccolato lo è perché contiene almeno un 30% di burro di cacao che è responsabile di quella nota pastosa che il cioccolato soprattutto fondente ci lascia dopo la deglutizione. Ma anche le carni, i formaggi , la pancetta , il guanciale , la parte grassa del prosciutto , ecc.
Non va confusa la tendenza dolce con la dolcezza vera e propria. Per dolcezza si intendono zuccheri aggiunti in una preparazione (dessert, dolci). Quando invece siamo in presenza di tendenza dolce è un qualcosa che assomiglia alla dolcezza ma è più vicino all'insipido. E' tipica degli amidi, dei carboidrati, delle carni succulente, del pane, dei formaggi, del latte, delle patate, della frutta, del pesce
La succulenza è la presenza di liquido in bocca. Si definisce intrinseca quando c'è del liquido direttamente nella preparazione che introduciamo in bocca, come in un brodo oppure in un piatto con molto condimento, oppure le ostriche , i bolliti , i brasati ; è invece indotta se proviene da sostanze che inducono alla masticazione che a sua volta genera salivazione, ad esempio la bistecca fiorentina, lo spezzatino di cinghiale, il pane , i formaggi . In aggiunta a queste due forme possiamo citare anche il fenomeno chimico-psicologico dell' acquolina in bocca.
E' certamente riferita all' olio vegetale. Mentre il grasso è qualcosa di solido, la nota untuosa è qualcosa di liquido che rende la lingua velata ed insensibile. Viene data in bocca dall'olio oppure dalla presenza di grassi liquefatti . Ad esempio il burro fuso che dà contemporaneamente sensazioni di grassezza e di untuosità. Se in una preparazione non c'è olio e non si sono altre forme di grassi liquidi non avremo sensazione di untuosità.
E' il carattere saporito tipico del sale , che può essere aggiunto prima o dopo la cottura oppure durante la stagionatura di formaggi e salumi o la preparazione di pesci come l'aringa ed il baccalà. Particolare è una carne animale come l'agnello presalée della Normandia, che pascola mangiando erba investita dalle correnti salmastre dell'oceano e dà una carne già sapida.
La tendenza amarognola viene percepita in prevalenza sul fondo della lingua e può essere data da alimenti che hanno questa qualità intrinseca come il radicchio , i carciofi , il fegato , il tartufo , gli affumicati , oppure è caratteristica dei piatti cucinati alla griglia o alla brace per la formazione si sostanze carbonizzate. Può essere data anche da una presenza rilevante di erbe aromatiche .
E' data da una presenza rilevante di sostanze acidule. E' presente in quasi tutti i derivati del latte (es:panna), oppure in preparazioni nelle quali è stato aggiunto qualcosa di acido come l' aceto, il limone, l' aceto balsamico, la salsa di pomodoro poco cotta.
La speziatura del cibo è percepita con l'olfatto. E' determinata con l'addizione di spezie o erbe aromatiche cucinate come ingredienti di una preparazione. E' tipica dei salumi e di alcuni formaggi stagionati , ma è presente anche in piatti tipici come il risotto allo zafferano . Questa sensazione è a volte accompagnata dalla piccantezza .
L'aromaticità del cibo è percepita con l'olfatto. Può trattarsi dell'aromaticità naturale (pesce, formaggi, funghi, crostacei), oppure è qualcosa di gustoso e profumato fornito dalla presenza di spezie o erbe aromatiche a crudo utilizzate anche in combinazione fra loro. Ad esempio lo speck e alcune preparazioni come la caprese con l'origano oppure il pesto alla genovese con aglio e basilico.
Il frutto della palma deriva il suo nome dal latino dactilus, a sua volta derivato dal greco daktilos, il cui primo significato è “ditoâ€. Questo in riferimento alla forma allungata degli stessi frutti ma anche a quella delle foglie della pianta stessa. Altri però ritengono che la parola greca per indicare il dattero sia risultato di un’alterazione delle parole semitiche daqal in arabo e diqlÄ in aramaico.
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