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Oggi l'Italia ha un primato in Europa, perché se in un contesto generale per i prodotti DOP noi siamo secondi di pochi numeri rispetto alla Francia, per quanto riguarda i salumi italiani tra DOP e IGP sono più del 50% della produzione europea.
E' quindi riconosciuta la tipicità dei nostri prodotti, che si acquisisce per alcune ragioni storiche, sociologiche e geografiche le quali fanno sì che si formino esperienza e tradizione in uno specifico territorio. Questo territorio può quindi essere un centro importante non tanto per la nascita delle materie prime quanto per la loro lavorazione.
Sarebbe improprio chiamare salumi i prodotti che derivano dalla carne, perché la parola "salumen" è un termine tardo latino che inizia ad apparire nel Medioevo e significa "prodotto conservato sotto sale", infatti esistevano anche salumi derivati da prodotti ittici ed abbiamo una particolare rilevanza nella civiltà nordeuropea con le aringhe, il baccalà, lo stoccafisso, ecc.
Oggi si generalizza l'accezione di salume come prodotto ottenuto con le carni ed in particolare quella di maiale. Il maiale sin dai tempi dei Romani ha avuto un'importanza notevole in campo alimentare, ma non aveva quella connotazione negativa che ha adesso, perlomeno nell'uso che se ne fa in gergo. Il maiale era un animale sacro, gli si doveva molto e se ne aveva la consapevolezza. Questo animale era sacro a Venere e lo spostamento nell'accezione comune della parola "maiale" la si deve al Cristianesimo dell'età Altomedievale che quando ha demonizzato tutto quanto nel campo dell'eros ha demonizzato anche l'animale a lei sacro, per cui il maiale è divenuto metafora di ogni bruttura materiale e morale.
Dal punto di vista pratico e gastronomico il maiale continuò ad avere una rilevanza fondamentale sia sulle tavole povere che su quelle nobili, però veniva allevato normalmente allo stato brado tant'è che i boschi nel Medioevo si misuravano in maiali e non in ettari, stabilendo cioè quanti animali potessero trovare nutrimento in quell'area. Va da sé che se noi lasciamo un maiale libero questo avrà uno sviluppo diverso dal maiale stabulato (cioé allevato in stalla), sarà meno grasso ed avrà muscoli più resistenti.
Il maiale allevato libero è una pratica che termina nel Medioevo soprattutto quando abbiamo il periodo in cui si ripropongono invasioni, guerre e devastazioni e non è più sicuro lasciare liberi gli animali che vengono depredati, quindi si tende a stabularli e i maiali ingrassano meglio ma hanno delle carni meno resistenti. Il maiale libero è più adatto al consumo fresco mentre quello grasso è tuttora destinato alla conservazione delle carni sotto sale.
Tra il 1200 e il 1300 abbiamo la specializzazione dell'arte di lavorare il maiale: sorgono delle vere e proprie consorterie a Bologna, a Firenze e soprattutto a Norcia dove gli abitanti stessi diventano con il loro nome sinonimo di esperti nella lavorazione della carne di maiale, il che consiste in un lavoro stagionale perché si lavora una sola volta l'anno a ottobre e tutte le pratiche di elaborazione arrivano fino a dicembre-gennaio dopodiché ognuno torna a casa propria e riprende la sua occupazione. A Roma uno degli alimenti preferiti era il prosciutto tant'è che via Panisperna significa "pane e prosciutto", da panis-pane e perna-coscia di maiale essiccata, e come antica via dei mercati iniziò a chiamarsi così quando in quel settore si aggregarono parecchie botteghe di salumai. Plinio, scrittore enciclopedico del I° secolo DC, affermò che "…da nessun altro animale si trae maggior materia per la ghiottoneria che dal maiale, la carne del maiale dà quasi 50 sapori diversi mentre per gli altri animali il sapore è unico". La X Legio di Cesare aveva come emblema sugli stendardi proprio il maiale che era considerato anche un animale portafortuna.
Per quanto riguarda i salumi possiamo orientare la tipicità in questa maniera:
I salumi dal punto di vista delle materie prime di partenza e della lavorazione si dividono in:
che si distinguono a loro volta in
Per quanto riguarda l'abbinamento bisogna fare i conti con la sapidità del salume, per la quale abbiamo bisogno di vini piuttosto morbidi o perlomeno abbastanza morbidi. La succulenza è molto legata al taglio del salume, se è fatto a mano ed è più spesso avremo un incremento di questa succulenza; esistono poi la tendenza dolce ed il grasso, quest'ultimo fondamentale per stemperare la sapidità e veicolare gli aromi. Per i vini da abbinare si richiede quindi oltre alla morbidezza anche una buona acidità eventualmente aiutata dall'effervescenza. In più il salume ha una buona persistenza e in alcuni casi anche aromaticità e/o speziatura e bisognerà fare i conti con i singoli prodotti.
Il salame ha un abbinamento locale che prevede vini morbidi per bilanciare la sapidità, vini che abbiano freschezza ed eventualmente effervescenza, ad esempio Gutturnio, Bonarda, Oltrepò Pavese, Malvasie locali, Cirò Rosso.
Il SALAME MILANO ha come caratteristica quella di essere macinato a grana di riso, il SALAME DI FELINO (provincia di Parma) è un salame particolare, la SALAMA DA SUGO è un piatto caratteristico della cucina povera ferrarese, è prodotta con un impasto di carni suine marinate lungamente nel vino, cotta molto a lungo per produrre il sugo e poter essere mangiata come companatico di rincalzo.
Il CAPOCOLLO DI CALABRIA e la COPPA PIACENTINA sono ottenuti dalla parte muscolare tra la nuca e il collo del maiale (la Lonza del Lazio), speziati all'esterno con il pepe, con un grasso molto più presente in percentuale rispetto ai prosciutti e quindi più tendenza dolce e grandi aromaticità e speziatura.
I SALAMI ITALIANI ALLA CACCIATORA sono l'ultima DOP relativa ai salumi, una denominazione recente del '96 che ha una pezzatura di max 0,5 kg e hanno questo nome perché dovevano entrare nella sporta del cacciatore.
La PANCETTA DI CALABRIA e la PANCETTA PIACENTINA differiscono per il peperoncino presente in maniera industriale in quella calabrese, ma anche nella stagionatura con 60 giorni per la piacentina e 30 giorni per la calabrese. Chiamano vini bianchi di buona morbidezza, eventualmente frizzanti.
Il VALLE D'AOSTA LARD D'ARNAD è l'unico lardo italiano DOP perché per ragioni d'igiene il Lardo di Colonnata non può ottenere la tutela. Il Lard d'Arnad ha un colore rosato, è lo spalletto del maiale sgrassato e depositato in contenitori di legno di castagno che si chiamano doils e lasciato a stagionare per 3 mesi con erbe aromatiche di montagna, sale e pepe. Il Lardo di Colonnata viene invece stagionato in vasche di marmo: il marmo è poroso e cede polveri, può essere potenzialmente tossico. E' bianco latte ed ha una presenza minore di aromi aggiunti. L'abbinamento con il lardo vuole Spumanti e Champagne.
Il PROSCIUTTO DI PARMA ha come caratteristica la forma a "coscia di pollo" senza zampetta, ha una stagionatura piuttosto lunga dai 10 ai 12 mesi e ne esiste una versione riserva con 18 mesi di stagionatura. Un prosciutto di Parma si abbina piuttosto bene con un prodotto locale che è la Malvasia dei Colli di Parma, un bianco a volte vinificato effervescente.
Col PROSCIUTTO DI SAN DANIELE invece i vini rossi funzionano bene, il prodotto è dolce e delicato, sta bene anche con i vini bianchi come la Malvasia Istriana o un Sauvignon leggero del Collio; la differenza di stagionatura tra il S.Daniele ed il Parma è data anche dal fatto che in Friuli abbiamo un'escursione termica giorno-notte più accentuata e quindi il prodotto stagiona più rapidamente. Il S.Daniele inoltre presenta una forma a "chitarra" e lo zampetto ancora attaccato.
Il PROSCIUTTO DI MODENA ha una produzione piuttosto limitata rispetto agli altri due, ha un'ottima sapidità e una grande persistenza aromatica, in questo caso l'abbinamento è con rossi giovani, freschi e fruttati come Bonarda e Gutturnio oppure analoghi bianchi anche effervescenti.
Il PROSCIUTTO VENETO BERICO-EUGANEO ha un abbinamento territoriale molto efficace che è il Tocai Rosso dei Colli Berici.
Il PROSCIUTTO DI CARPEGNA è bene che sia consumato al naturale tagliato a mano, ha una forte sapidità e sta bene con bianchi giovani, Sauvignon e Malvasia Istriana che in questo caso funzionano benissimo.
Il PROSCIUTTO TOSCANO deve innanzitutto chiamare un abbinamento col pane sciocco e con un Chianti molto giovane perché è succulento.
Il CULATELLO DI ZIBELLO ha una speziatura abbastanza decisa e viene fatto stagionare spesso in un panno intriso di vino, richiama l'abbinamento con uno spumante millesimato Metodo Classico data la sua persistenza.
Lo JAMBON DE BOSSES ha delle caratteristiche un po' selvatiche, degli odori di terroir che lo fanno abbinare a dei rossi leggeri della Val d'Aosta che hanno intensi profumi di sottobosco (Pinot Nero).
Nelle IGP abbiamo il PROSCIUTTO DI NORCIA molto noto, ascritto alla categoria dei prosciutti di montagna va abbinato con un Sagrantino di Montefalco giovane con pane sciapo.
La MORTADELLA BOLOGNA ha origini antichissime, è un prodotto che almeno fino al 1664 presenta questa denominazione. Viene cotta in stufe ad aria secca e aromatizzata con finocchio, pepe e altro, e soprattutto docciata in acqua fredda per evitare che possa trasudare dopo la cottura in stufa. L'abbinamento tradizionale quasi inevitabile è con il Lambrusco di Sorbara che ha una funzionalità straordinaria.
Lo SPECK DELL'ALTO ADIGE si fa con la coscia di suino tagliata e disossata (baffe). La caratteristica è la salagione con sale, pepe e spezie più erbe di montagna, poi l'affumicatura di una decina di giorni e poi la stagionatura per oltre 20 giorni. A prescindere dalla birra che sta bene con i salumi a tendenza dolce, possiamo abbinare allo speck dei rossi o rosati leggeri che vanno molto bene, es.: Lagrein e Pinot Nero dell'Alto Adige.
La BRESAOLA DELLA VALTELLINA prevede una coscia di manzo massaggiata a secco con sale, aglio, pepe e aromi di vario genere, insaccata in un budello naturale e stagionata da 1 a 3 mesi. E' un prodotto più magro degli altri salumi. In abbinamento possiamo mettere dei vini giovani della Valtellina (con olio e pepe, possibilmente senza limone).
Lo ZAMPONE DI MODENA ed il COTECHINO DI MODENA sono entrambi prodotti derivanti da impasti di carne insaccata, tra gli aromi compare anche il vino, solo che lo Zampone viene insaccato nell'arto anteriore del maiale mentre il Cotechino nel budello. A differenza di altri insaccati è presente anche la cotenna. Dello Zampone esiste anche una versione particolare insaccata nella cotenna della pancia ripiegata a fazzoletto che prende il nome di Cappello del Prete. Il piatto viene stemperato dalla presenza di legumi che sono a tendenza dolce e l'abbinamento è con i rossi frizzanti di zona come Lambrusco, Bonarda, Gutturnio.
Il PROSCIUTTO COTTO è una coscia di suino tagliata davanti al femore, che viene privata del piede, disossata, e assume le forme che siamo abituati a vedere. Anche qui abbiamo un massaggio che ne consente l'aromatizzazione fatto con sale, pepe e alloro, più erbe di vario genere a seconda della tipologia. E' particolarmente digeribile e meno grasso e ciò gli ha dato un certo successo dal punto di vista alimentare. Un cotto si può abbinare con dei vini rosati, ad esempio un Alezio, un Cirò, un Rosato del Salento.
Un giorno, durante un pranzo tra artisti, arrivò a tavola un piatto di spaghetti cotto nel forno, condito con ricotta salata, salsa di pomodoro, melanzane fritte e basilico. Alla fine Nino Martoglio, il noto commediografo catanese, ispirato dai sapori e dagli odori della pietanza, esclamò: Ma questa è Norma! La cuoca artefice di questa ricetta fu definita autrice di un’opera eccelsa e paragonata alla più famosa opera lirica del compositore siciliano Vincenzo Bellini. Gli ingredienti sono: spaghetti, salsa di pomodoro, ricotta, melanzane tagliate a fette e fritte, basilico.
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