L'Olio

Cenni storici

Nessuna pianta e nessun altro alimento sono mai stati e saranno cosi presenti nel quotidiano dell’umanità come l’olivo e quanto da lui deriva, cioè l’olio. Questi infatti costituiscono la pietra miliare della storia dei costumi sociali dell’uomo nel bacino del mediterraneo fin da epoche preistoriche, per questo motivo può essere tranquillamente definito l’albero della vita.
Per le conoscenze che si hanno oggi, date sostanzialmente dai ritrovamenti archeologici, si può affermare che la pianta dell’olivo compare nella zona meridionale del Caucaso, ad ovest dell’altipiano iraniano, e da qui si diffonde rapidamente nella mezzaluna fertile mesopotamica, per passare poi in Egitto, in Palestina, nelle isole mediterranee, a Creta, in Grecia, in Italia e in Spagna.
La prima fase della sua diffusione la si può far coincidere con l’espansione della civiltà minoico-cretese, nel periodo che va dal 5000 AC al 1400 AC. Ritrovamenti attestano l’importanza economica della produzione e del commercio dell’olio: nel palazzo di Cnosso sono stati ritrovati affreschi, depositi pieni di anfore fittili, tavolette d’argilla e libri mastri che danno conto dei luoghi di produzione e di commercio, degli scambi e delle forme di pagamento. Erano già distinti gli oli destinati all’alimentazione da quelli utilizzati per scopi medici o religiosi. A seguito della decadenza di Creta, l’olio continuò ad essere scambiato nei porti del Mediterraneo grazie alle veloci navi Fenicie e Cartaginesi. Uno dei luoghi di maggior destinazione era l’Egitto dove l’olio era usato nei procedimenti d’imbalsamazione dei defunti.       Sempre grazie a Fenici e Cartaginesi l’olio, ma soprattutto l’olivo, arrivò in Grecia, e nel periodo che va dal 1500 AC al 400 AC si può individuare la seconda fase d’espansione, quella Greco-Micenea. Ancora una volta l’ulivo non perde la sua aurea di sacralità, la sua immagine di pianta divina, donata agli uomini direttamente dagli dei, in questo caso da Minerva in persona. Con ramoscelli d’ulivo era cinto il capo degli eroi, e con l’olio estratto dalle piante a dimora sulle pendici del Partenone si premiavano i vincitori dei giochi Panathenei. Esisteva inoltre un codice di leggi atte a preservare l’integrità delle piante, e come dimenticare tutti i momenti di richiamo nella mitologia greca? Uno per tutti: il talamo nuziale di Ulisse e Penelope, costituito dal tronco di un olivo.
Da Atene a Roma il passo fu breve e tra le due civiltà, così come tante altre cose, l’importanza e la sacralità dell’ulivo furono tramandate quasi per osmosi. L’epoca dei fasti romani, dell’impero, coincide con l’ultima fase d’espansione di questa pianta nella storia antica, quella maggiore, nei secoli che vanno tra il terzo AC e il secondo DC. In ogni caso la pianta era già presente nella penisola Italica. Si sono ritrovate, infatti, foglie fossili in Emilia Romagna che risalgono ad epoche precedenti l’impero Romano e anche gli Etruschi conoscevano già l’arte di estrarre l’olio dai frutti. Ma Roma ne fa un pilastro della vita sociale, economica e religiosa. L’olio costituiva tassa, mezzo di pagamento, rimedio medicamentoso ed estetico, mezzo sacrale e d’offerta agli dei e agli eroi dell’Impero. Inoltre, lo studio delle tecniche di coltivazione, d’innesto, potatura, raccolta ed estrazione raggiungono livelli fino ad allora sconosciuti. Roma conosceva già la distinzione tra i sapori delle varie cultivar, tra le rese ai diversi stadi di maturazione dei frutti. I grandi storici di quest’epoca, Plinio, Catone, Columella, Ovidio, tutti si sono occupati di questa materia, descrivendo pratiche, metodi e tecniche agronomiche. Erano conosciuti i pregi degli oli ottenuti da olive raccolta tramite brucatura a mano, all’inizio dell’invaiatura, quando il colore del frutto dal verde inizia a tendere verso il bruno; erano conosciuti il VIRIDE, il MATURUM, il CADUCUM e il CIBARIUM, quest’ultimo destinato all’alimentazione degli schiavi.
Ma nel bacino del Mediterraneo l’olivo era largamente utilizzato e coltivato anche da altre regioni, come la Palestina, dove, di nuovo, la connotazione sacra era preponderante. La religione Ebraica era ed è fortemente connotata dall’utilizzo dell’olio e si ritrovano cenni di questo utilizzo in tutto il vecchio Testamento. Ed è forte il legame con la religione cristiana nascente, sia da un punto di vista iconografico, come nella domenica delle palme, come simbolo di pace, la notte di dubbi e tromenti passata tra gli ulivi del Getsemani, fino a ritrovare l’olio come unzione nei momenti fondamentali del cristiano, il battesimo, la cresima e l’estrema unzione dei morenti, e, ancora, era usato come fonte di luce perpetua nei templi.
E proprio grazie alla religione Cristiana che a seguito della caduta dell’impero romano e la decadenza dell’agricoltura e degli scambi commerciali, che piante come l’olivo e la vita trovarono piccole oasi di rinascita. Allo scopo servirono i monaci, Benedettini, Cistercensi, all’interno dei monasteri e dei conventi, nel chiuso degli orti custodirono i semi e le conoscenze delle tecniche spinti dalle necessità del culto cristiano. Ma nel vuoto lasciato dall’Impero Romano si inserirono nel bacino del Mediterraneo gli Arabi e anche loro fecero rifiorire l’arte della coltivazione dell’olivo, tanto da far divenire la Spagna e i paesi del Nord Africa i più grandi produttori di olio del Medioevo.
Nel rinascimento il governo Mediceo di Firenze fu il primo a dare impulso all’ovicoltura, scoprendo nuovamente le potenzialità di guadagno derivanti dal commercio di questo prodotto. Firenze fu seguita da Genova, Venezia e poi a macchia d’olio in tutta la penisola sono piantati e messi a dimora un numero sempre maggiore di piante di olivo, e il commercio di olio tornò a rifiorire. E fu così per tutto il Rinascimento poi nel secolo successivo gli alti dazi imposti dai dominatori spagnoli fecero si che il margine di guadagno si contraesse e l’olivicoltura perse un po’ della sua importanza, ma ciò non fu sufficiente per arrestare il progresso delle tecniche agronomiche che nel secolo dei lumi ebbero un forte impulso dovuto anche alla crescita deglii studi e alla scoperta di nuove tecnologie per il processo di estrazione, alla nascita dell’industria conservaturiera e alla necessita di illuminazione. In un’Italia ancora divisa l’olivicoltura era ormai presente dovunque e per ogni stato, regno o granducato costituendo uno dei cardini dell’economia.

Che cos'è l'Olio

L'olio di oliva è un grasso alimentare di origine vegetale. Il 97% della produzione proviene dai paesi mediterranei con una punta del 75% nella UE. In Italia si produce olio in tutte le regioni tranne che in Piemonte e Val d'Aosta, ma in questo campo si può dire che siamo come ci presentavamo 50 anni fa per la produzione del vino. Questo perché non c'è una legge seria che tuteli la qualità del prodotto e perché esistono sul mercato oli di svariata tipologia, caratteristiche organolettiche e soprattutto differente prezzo che alla fine riportano sempre la denominazione di olio extravergine di oliva. In questo modo è difficile che il consumatore venga tutelato. In Italia abbiamo un patrimonio incredibile, oltre 700 cultivar (varietà) diverse a fronte delle 20 che ci sono in Spagna. Se avessimo una legge diretta alla promozione della qualità sull'olio d'oliva non avremmo rivali al mondo. Abbiamo oli particolari, che vanno dalla delicatezza estrema dell'olio ligure con la varietà Taggiasca, all'altrettanto delicata varietà degli oli del Garda, alla complessità di quelli toscani, alla potenza dell'olio pugliese, all'eleganza straordinaria dell'olio calabrese.

Regione

Cultivar

Principali Cultivar

Abruzzo

25

Leccino, Frantoio, Tortiglione, Dritta, Carboncella, Gentile di Chieti, Nebbio, Intosso, Olivastro, Castiglionese, Cucco, Rustica, Tortiglione

Basilicata
29
Majatica di Ferrandina, Faresana, Dolce di Chiaromonte, Ogliarola rapollese
Calabria
34
Carolea, Tondino, Grossa di Cassano, Grossa di Gerace, Sinopolese, Ottobratica, Dolce di Rossano
Campania
104

Caiazzana, Carboncella, Nostrale,Ogliarola, Biancolilla, Ortice, Ortolana,Pisciottana, Minutella, Palombina, Carolea, Ravece, Coratina

Friuli Venezia Giulia

5

Biancheria, Carbonara, Corniola, Marina, Torcolo

Emilia Romagna

19

Nostrana di Brisighella, Ghiacciolo, Correggiolo, Selvatico, Capolga, Colombina

Lazio

42

Canino, Carboncella, Frantoio, Moraiolo, Leccino, Pendolino, Rosciola, Itrana, Minutella, Maurino, Raja, Olivastrone, Olivago

Liguria

25

Taggiasca, Colombaia, Lavagnina, Razzola, Olivastrone, Merlina, Fiandola, Lantesca, Pignola, Rossese

Lombardia

25

Leccino, Moraiolo, Frantoio, Casaliva, Gargnà, Grignola

Marche

29

Frantoio, Moraiolo, Leccino, Mignola, Raggia, Rosciola, Dritta, Laurina, Orbetana

Molise

40

Cerasa di Montenegro, Autrina di Venafro, Cellina di Rotello, Moraiolo,Gentile di Larino

Puglia

53

Peranazana, Coratina, Cima di Mola, Ogliarola Garganica, Bella di Cerignola, Pizzuta Barese, Tondella, Corniola, Cellina di Nardò

Sardegna

32

Bosana, Semidana, Tonda di Villacidro, Nera di Villacidro, Tonda di Cagliari, Bianca di Cagliari, Pizz'e Carroga

Sicilia

60

Cerasuola, Nocellara del Belice, Biancolilla, Ogliarola Messinese, Tonda Iblea, Nocellara Etnea, Moresca, Aitana, Piriccudara, Santagatese, Crastu, Citrara, Tunnulidda

Toscana

110

Moraiolo, Frantoio, Leccino, Pendolino, Maurino, Scarlinese, Olivastra Seggianese, Arancino, Colombino, Correggiolo

Trentino

9

Casaliva, Favarol, Gragnà, Raza, Leccino, Grignan,

Umbria

35

Frantoio, Leccino, Moraiolo, Dolce Agogia, Raio, Orbetana, Carboncella, Borgiona, Pocciolo.

Veneto

26

Casaliva, Favarol, Gragnà, Trepp, Marzemina

LE CLASSIFICAZIONI

Per quanto riguarda le classificazioni esistono innanzitutto oli di oliva e oli di altra natura. L'olio di oliva è più sano e più adatto anche per le cotture e le fritture perché ha una consistenza diversa e tiene in modo diverso il calore. Il cosiddetto punto di fumo identifica il grado di temperatura al di sopra del quale l'olio è come se si sfaldasse, e le profonde alterazioni molecolari si traducono in tossicità per l'organismo umano. Quindi più elevato è questo punto di fumo e più elevato è il pregio dell'olio.
L'olio di oliva è non a caso l'olio con il più elevato punto di fumo, supera i 200-220°C; quando si passa ad altre categorie, l'unico olio con un punto di fumo leggermente inferiore è l'olio di semi arachidi, ma al di là di questo gli altri oli (soia, girasole, ecc.) hanno punti di fumo estremamente inferiori (130-140°C), il che significa che sono inadatti alla cottura. C'è da dire che ci sono anche degli oli d'oliva inadatti alla frittura, per il fatto che hanno una carica aromatica notevole che coprirebbe tutto cedendo molto alla sostanza che cuociamo.

DENOMINAZIONI

OLIO DI OLIVA VERGINE

olio ottenuto dal frutto dell'olivo mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazione, e che non hanno subito alcun trattamento diverso da lavaggio, decantazione, centrifugazione, filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.

Le sottodenominazioni sono le seguenti:

  • OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA
    La nostra legge dice di fatto che un olio extravergine di oliva per essere venduto come tale deve avere un'acidità massima espressa in percentuale di acido oleico <= 0,8%, e allo stesso tempo deve essere perfetto dal punto di vista organolettico.
    acidità <= 0,8%
  • OLIO D'OLIVA VERGINE
    Al di sotto troviamo l'olio d'oliva vergine, organoletticamente perfetto con una acidità <= 2%
    acidità <= 2%
  • OLIO D'OLIVA LAMPANTE
    Infine esiste l'olio d'oliva lampante, dal gusto imperfetto o difettoso e con un'acidità > 2%. Quest'olio non è commestibile e deve essere destinato ad altri usi industriali, non per il settore alimentare.
    acidità > 2%

In realtà per quanto riguarda l'olio extravergine il consumatore non è affatto tutelato. Sull'etichetta non è infatti obbligatorio indicare la provenienza delle olive né i tagli effettuati con le miscele più disparate, viene spesso riportata solamente la dizione "Prodotto in Italia" che non vuol dire nulla, perché potrebbe essere un olio le cui olive sono straniere ma frante in Italia; può essere altresì prodotto all'estero ma raffinato da noi, ma peggio ancora le grandi multinazionali dell'olio tendenzialmente acquistano olio lampante su mercati inferiori e abbassano chimicamente l'acidità al di sotto dellO 0,8% e lo imbottigliano. Ciò non significa a priori che sia nocivo, ma non c'è la dovuta trasparenza nei confronti dei consumatori.

Altre tipologie di olio sono:

  • OLIO DI OLIVA RAFFINATO
    olio ottenuto dalla raffinazione di oli vergini
    acidità < 0,3%
  • OLIO DI OLIVA
    olio ottenuto dal taglio di olio d'oliva raffinato con olio di oliva vergine (diverso dal lampante)
    acidità < 1%
  • OLIO DI SANSA DI OLIVA GREGGIO
    olio ottenuto dalla sansa di olive mediante trattamento con solvente o processi fisici
  • OLIO DI SANSA DI OLIVA RAFFINATO
    olio ottenuto dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio
    acidità < 0,3%
  • OLIO DI SANSA DI OLIVA
    olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine (escluso il lampante)
    acidità < 1%
    La sansa è costituita dai residui della spremitura, composti da rottami di frutti, noccioli, semi, che costituiscono circa il 40% delle olive iniziali.

LE FASI DI PRODUZIONE

Il processo estrattivo comprende diversi passaggi e ogni momento della trasformazione deve essere attentamente controllato per ottenere un extravergine di ottimo livello. Il primo passaggio è la defogliazione seguita dall lavaggio. Le olive raccolte devono essere ripulite d'ogni impurità, tipo rametti, foglie, terra che potrebbero portare ad avere poi un prodotto con un sentore legnoso o di terra, oppure con un'eccessiva colorazione verde dovuta alla clorofilla delle foglie.
Si passa poi alla frangitura, per la quale possono essere utilizzate macine in pietra o frangitori meccanici. Già in questo passaggio è importantissimo controllare la temperatura, soprattutto se il processo è effettuato con frangitori meccanici che possono operare ad un elevato numero di giri. Passiamo poi alla gramolazione, processo con il quale la pasta d'oliva ottenuta dalla frangitura è tenuta in una lenta agitazione, a temperatura costante e controllata, per permettere l'aggregazione delle gocce d'olio in modo da poter poi estrarle attraverso la centrifugazione. Non controllare la temperatura in rapporto con il tempo di gramolatura fa insorgere in questo passaggio i difetti di rancido, metallico, cotto. I tempi d'aggregazione sono in relazione alla maturazione del frutto alla raccolta e soprattutto al tipo di frangitura utilizzata: più questa sarà stata spinta, più le goccioline da riaggregare saranno piccole e quindi maggiore il tempo di gramolazione. A questo punto l'olio sarà estratto dalla pasta d'oliva. I processi utilizzati sono vari: discontinuo della pressione o tradizionale, continuo della centrifugazione in due o tre fasi e quello di percolamento-centrifugazione. Ogni sistema ha vantaggi e svantaggi e si adatta, più o meno bene, al tipo di frutto utilizzato, al suo livello di maturazione, alla percentuale di polifenoli contenuta nel frutto ecc..
Si può a questo punto parlare di conservazione, passaggio delicato dove il contatto con l'aria può aumentare l'acidità del prodotto e l'appiattimento delle note aromatiche, con l'insorgenza di difetti come il rancido, causato dall'ossidazione, o morchia, fermentato, causati per esempio da fermentazioni innescate dalle sostanze anaerobiche che vengono a contatto con la superficie oppure dai depositi sul fondo dei recipienti. Le regole di base per una buona conservazione sono ridurre al minimo il volume d'aria a contatto con il prodotto, mantenere bassa la temperatura, evitando però la solidificazione, evitare il contatto con luce, calore e metallo. A tal proposito è ovviamente importante considerare le condizioni di stoccaggio e deducendo da quanto esposto finora sono da evitare i vecchi sistemi di contenimento quali giare di terracotta, latta, vasche di pietra o di cemento vetrificato. Si deve preferire il contenitore in acciao inossidabile e possibilmente utilizzare gas inerti, quali l'azoto, per ridurre la quantità di ossigeno presente nello spazio di testa. Durante il periodo di stoccaggio deve essere mantenuta la temperatura ottimale di 10-18°.
Prima del confezionamento si deve porre attenzione alla filtrazione, per evitare che i sedimenti naturali dello stoccaggio entrino nella confezione finale di commercializzazione, inducendo nel tempo i difetti di morchia o avvinato. Si ricorda infine che le confezioni per la messa in commercio devono essere di vetro, scure, perche l'esposizione del prodotto sulle scaffalature sottopone l'olio alla luce e al calore, pertanto il vetro scuro costituisce un'ottima barriera, soprattutto per la luce.

ETICHETTATURA - LEGISLAZIONE

Ai sensi della normativa vigente per etichettatura s'intende l'insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica, di commercio, delle immagini e dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare. Nell'art.2 del D.L.vo 109/92 è ribadito che quanto riportato in etichetta non debba indurre in errore il consumatore sulla natura, l'identità, la qualità, la composizione, la quantità, la durabilità, il luogo d'origine o di provenienza, sul modo di ottenimento o fabbricazione del prodotto. Si precisa inoltre che non debbono essere evidenziate come caratteristiche particolari, quelle che sono presenti in tutti i prodotti alimentari analoghi. Questo vuol dire che tutte le diciture "spremitura a freddo" o "olio di prima spremitura" sono prive di senso e in palese contrasto con la norma, dato che queste sono caratteristiche obbligatorie per tutti gli oli d'oliva vergine prodotti.
Queste le indicazioni d'etichettatura che ad oggi sono obbligatorie per i prodotti preconfezionati, quindi anche per l'olio:

  • La denominazione di vendita
  • L'elenco degli ingredienti
  • La quantità netta di prodotto presente nella confezione
  • Il termine minimo di conservazione
  • Il lotto di produzione
  • Le modalità di conservazione in funzione della natura del prodotto
  • Il nome o la ragione sociale o il marchio depositato, e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore che operi nell'ambito della UE, nel caso di prodotti provenienti da paesi terzi
  • La sede dello stabilimento di produzione o confezionamento
  • Il luogo d'origine o di provenienza

Nello specifico per l'olio d'oliva sono obbligatorie le seguenti indicazioni:

  • La denominazione di vendita.

Le uniche che possono essere riportate sono le denominazioni destinate al commercio

  1. Olio extravergine d'oliva
  2. Olio vergine d'oliva
  3. Olio d'oliva
  4. Olio di sansa d'oliva
  • Il nome o la ragione sociale o il marchio depositato, e la sede o del produttore o del confezionatore o del venditore.
  • La quantità netta di prodotto contenuto nella confezione
  • Il termine minimo di conservazione
  • Il lotto di produzione

Si ritengono invece facoltative le seguenti indicazioni:

  • Le modalità di conservazione in funzione della natura del prodotto
  • Le indicazioni di tipo ambientale
  • La lettera E, marchio CE per gli imballaggi preconfezionati che corrispondono ai requisiti delle norme CEE sul confezionamento
  • Il luogo d'origine o di provenienza e riguarda solo gli olii extravergine e vergine di oliva. Si può fare riferimento alla sola zona geografica e si può indicare soltanto la zona che è stata riconosciuta come DOP o IGP confermemente ai regolamenti CEE.

Discorso a parte richiede l'etichetta nutrizionale, che è facoltativa per gli oli commercializzati in ambito comunitario, e obbligatoria per quelli che sono esportati in paesi terzi. In essa sono contenute le dichiarazioni riguardanti il valore energetico e di proteine, grassi, vitamine e colesterolo.

È necessario, a questo punto, introdurre la polemica sull'indicazione dell'origine. La Legge italiana del 3 agosto 1998, "Disposizioni per l'etichettatura d'origine dell'olio extravergine d'oliva, dell'olio d'oliva vergine e dell'olio d'oliva", prevedeva che potevano essere commercializzati con la dicitura "prodotto in Italia" solo oli il cui intero ciclo produttivo, dalla raccolta al confezionamento, fosse avvenutoo luogo sul territorio nazionale. Inoltre, nella stessa legge, è fatto obbligo di esporre la dicitura "prodotto in parte con oli provenienti da ..." e a seguire il nome del Paese e la percentuale utilizzata, nel caso in cui il prodotto fosse stato altrimenti ottenuto. A questa legge dello stato Italiano ha fatto seguito, da parte della Comunità Europea, una procedura d'infrazione perché la legge 313/98 violerebbe le norme che regolano gli scambi nel mercato unico. Successivamente con un reg.to CE, rimasto in vigore fino all'ottobre del 2001, per luogo d'origine si considera la zona geografica dove si trova il frantoio in cui l'olio è stato prodotto, e non dove le olive sono state raccolte. Rimangono naturalmente al di fuori di queste definizioni gli oli DOP e IGP riconosciuti che sono soggetti a disciplinari specifici. In ogni caso, fino alla data indicata, la dicitura dell'origine era facoltativa per gli oli extravergine, vergine e d'oliva e vietata per tutti gli altri. Regolamento CE successivo, rimasto in vigore fino al 31 ottobre del 2003, prevedeva la facoltà di esporre in etichetta il luogo di produzione e quello d'origine delle olive.
Dal 1 novembre del 2003 si è tornati all'ottore del 2001, pur essendo stati introdotti numerosi altri obblighi tesi alla tutela del consumatore: la massima capacità dei contenitori per la vendita al dettaglio, le indicazioni d'ottenimento e del processo di lavorazione per le varie categorie d'olio, più la possibilità, quindi si ritorna al facoltativo, di inserire in etichetta le diciture "prima spremitura a freddo" o "estratto a freddo" o le caratteristiche organlottiche. Le indicazioni dell'acidità massima (quantita di acido oleico) dovranno essere accompagnate dall'indicazione della percentuale di perossidi, del tenore in cere e dell'assorbimento ultravioletto. Questo significa che se sono indicazioni facoltative, una volta espresse possono essere oggetto di certificazione da parte degli organi di controllo. Quindi quanto più il produttore espone in etichetta tanto più aumenta il suo rischio, nel caso in cui le indicazioni non risultassero essere veritiere.
Ultima indicazione: il regolamento CE entrato in vigore permette la produzione di prodotti ottenuti tramite miscelazione d'oli extravergine, vergine, d'oliva e sansa d'oliva con oli vegetali di altra natura. Ovviamente in Italia questa produzione è vietata, ma non ne sarà vietata la commercializzazione. In etichetta dovranno essere espresse le percentuali usate, e la dicitura "miscela d'oli vegetali (o i nomi specifici degli stessi) e d'oli d'oliva". Sarà possibile evidenziare con dei simboli la presenza dell'olio d'oliva, se la sua percentuale supera il 50%. Questo significa che l'etichetta sarà l'unico strumento di difesa per il consumatore, e che dovremo abituarci a leggerla attentamente e a fidarci della loro prolissità, oppure indirizzare le nostre scelte su prodotti DOP o IGP per i quali è previsto un disciplinare molto rigido e controlli molto precisi. Per il 2005 sono attese nuove indicazioni in etichetta riguardo la "tracciabilità" e "rintracciabilità" del prodotto, oggi allo studio della Commissione Europea, che renderanno l'etichetta ancora più complessa. Quindi cominciamo fin da ora a leggerla con maggiore attenzione e a pretendere indicazioni sempre più precise.

FRODI

Gli illeciti e le frodi possono riguardare sia la genuinità del prodotto quanto la sua provenienza. Per alterare la genuinità ci sono trattamenti chimici che possono rendere un olio di classe commerciale inferiore simile a quello di categoria superiore, tramite raffinazioni e deodorazioni, oppure l'utilizzo di tagli di oli d'oliva di classi diverse, che vengono poi spacciati per oli extravergini o vergini d'oliva. Da puntualizzare che si tratta di frode alimentare di tipo merceologico e non sanitario, poichè il prodotto ottenuto non è nocivo per la salute pubblica. Rimane però la frode di fatto e l'illecito morale.
Sulla provenienza, aiutati anche dalla confusione delle norme comunitarie che si affastellano sopra quelle dei singoli stati membri, un olio extravergine prodotto in un paese o zona geografica può essere spacciato per un extravergine prodotto altrove.
Siamo dell'idea che sia facile in ogni caso frodare il consumatore poco attento il quale crede che le grosse multinazionali, pur non possedendo una sola pianta di olivo, riescano a produrre oli extravergini di oliva il cui prezzo al dettaglio varia dai 3,50 ai 6 euro spacciandoli per oli italiani. Tacitamente nascondono dietro il loro nome italiano e la mancata indicazione in etichetta, ricordiamo facoltativa, il fatto che a volte solo il 15-20% del prodotto contenuto nella bottiglia da un litro proviene dall'Italia, il resto dal bacino del Mediterraneo, Spagna e Grecia in testa. Ora, il produttore opera nei termini di legge, il suo prodotto è sicuro da un punto di vista chimico, sarà sicuramente piatto da un punto di vista organolettico e nutrizionale, quindi la frode o l'illecito morale, permesso tra l'altro dalla legge, qual'è? La mancata indicazione della provenienza. In un supermercato sarà facile trovare persone che acquistando una grande marca siano convinte di acquistare un sano prodotto Made in Italy!

GLI ABBINAMENTI CON IL VINO

Sull'olio d'oliva, che ha come carattere predominante l'untuosità, gli abbinamenti dipendono ovviamente dal tipo di preparazione. Generalmente la componente migliore per smorzare l'untuosità ed asciugare la bocca è il tannino che svolge un ruolo importantissimo, ma quando abbiamo una preparazione sulla quale il tannino potrebbe dare fastidio (es:componenti dure del cibo) anche l'alcol aiuta molto.
      Comunque, più aumenta l'untuosità più dovrebbe aumentare la struttura del vino. Per una frittura di pesce ad esempio può andare bene un rosso frizzantino oppure uno spumante.

GLI ABBINAMENTI CON IL CIBO
VALUTAZIONE DELLE CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE

Tipologia

Caratteristiche

Abbinamenti

Olio fruttato

Sentori di mandorla e pinoli, in cui le note amare e piccanti sono solo accennate mentre prevalgono le note dolci. Supporta il piatto, non coprendone le note proprie, e con la sua delicatezza esalta, sostenendole, le eventuali sostanze aromatiche.

Insalate di pesce, pinzimonio, verdure e patate bollite, pesce bollito, minestrone di verdure, minestra d'orzo, focaccia, pizza, carpaccio di pesce, fritture, funghi trifolati, zuppa di pesce o frutti di mare.

Olio fruttato mediamente intenso

Sentori erbacei, con gusto leggermente amarognolo e piccante. Apporto d'aroma aggiuntivo al piatto, ne accentua il gusto e il sapore.

Insalate fresche composite, anche con l'aggiunta di funghi o carciofi, passati di verdura, minestre di riso, pasta e legumi. Crostacei al vapore, baccalà mantecato, zuppe di pesce, caponata di scampi e molluschi, pesce spada ai ferri, carpacci di carne e pesce, carni bianche, carciofi, asparagi, verdure cotte a tendenza dolce, bruschette e salse.

Olio dolce intenso

Profumo marcato di frutta fresca e vegetale. Al gusto le note amare e piccanti si fanno sempre più nette anche se sembrerebbero in contrasto con quanto dichiarato dall'esame olfattivo. L'apporto al piatto è deciso, aggiungendo sapore e complessità. Il suo sapore può coprire quello della pietanza se non giustamente abbinato.

Minestre e zuppe saporite, legumi lessati e salse tartufate, salsa al pomodoro a crudo, carni e pesci alla griglia, carpacci.

Olio intenso dal profumo spiccatamente erbaceo

Con punte di carciofo, pomodoro verde, mandorla, saporito al gusto con un buon equilibrio tra amaro e piccante. Il suo apporto al piatto fa si che aumenti la complessità dello stesso esaltando il sapore

Bruschetta, panzanella, fettunta. Fagioli all'uccelletto, patate lesse, verdure grigliate, zuppa di lenticchie, di cavolo, di farro. Ribollita e pappa al pomodoro. Zuppa di verdure, di fave. Carni e pesci alla griglia, totani e seppie. Salse calde e fredde a crudo su pasta e riso.

Olio intenso e deciso

Dal profumo erbaceo, di buon corpo e dal gusto forte e deciso. Prevalentemente amaro e piccante. Il suo apporto è coprente e sconvolge letteralmente l'equilibrio della pietanza e la sua struttura.

A crudo su insalate composite. Carne in genere, pesce spada e tonno. Zuppe dolci come porri, cipolle, patate, ecc..

Non tutti sanno...

Hot dog: cane caldo?

Il salsicciotto o, più in generale, il panino che lo accompagna prende il nome proprio dall’espressione che in inglese significa “cane caldo”. Questo perché dall’inizio – la moda degli hot dog si diffuse a New York nel 1860 – i würstel erano associati ai cani bassotto. Ma fu solo nel 1901 che hot dog divenne l’espressione più diffusa, quando l’illustratore Tad Dorgan produsse una vignetta con un cane bassotto frapposto a due pezzi di pane.

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