LA TRIPPA ALLA ROMANA

Quando parliamo di trippa ci riferiamo, insieme alle altre frattaglie come la coratella, la pajata e la coda, al quinto quarto del bovino, ovvero la parte meno pregiata dell'animale.
Il quinto quarto, infatti, era l'unica parte che in passato restava alle famiglie povere dopo aver destinato i quarti migliori del bovino ai nobili. La trippa si ricava dalla pancia, costituita dai tre prestomaci del bovino. Contiene solo il 4 per cento di grassi e 17 per cento di proteine. Deve essere cucinata con cura, valorizzata con ingredienti freschi e aromatici. Molte regioni italiane hanno la propria tradizionale ricetta della trippa che diventa protagonista di piatti prelibati con i fagioli, il sugo di pomodoro, le altre frattaglie, peperoncino o rosmarino.

A Roma, per esempio, anticamente la trippa si mangiava durante il pranzo del sabato, tanto che ancora oggi nelle trattorie si puo leggere Sabato Trippa. Fino agli inizi del '900 la trippa e stata un piatto prezioso per i romani, il principale apporto proteico dei loro pasti a un costo molto contenuto.
Era il piatto piu nobile che i romani potessero mangiare, visto che era costituito dalle frattaglie (le interiora) e dagli avanzi dell'animale come piedi, orecchie e muso. Ne facevano largo uso soprattutto i lavoratori del Mattatoio, che integravano il magro stipendio con i rimasugli dei tagli piu pregiati.

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