Tosela
Questo formaggio viene prodotto in varie zone del Trentino Orientale. È derivata direttamente...
Già nel Cinquecento i barili di Moscato di Saracena erano imbarcati a Scalea per essere consegnati alla corte papale. Sulla tavola di papa Pio IV il Moscato di Saracena non mancava mai e Guglielmo Sirleto, il cardinale calabrese Prefetto della Biblioteca Vaticana, ne era particolarmente ghiotto. Anche in tempi più recenti si trovano riferimenti precisi a questo vino in due resoconti del Grand Tour. Lo cita Norman Douglas nel 1915 nel suo libro “Old Calabria” dove scrive “..sorge il prosperoso paese di Saracena, famoso fin dai secoli passati per il suo moscato. Lo si ottiene dall’uva portata dai saraceni da Maskat”. Ma anche George Gissing in “By the Jonian sea” del 1901 ricorda ”.. come cosa in pieno degna dell’antica Sibari un vino bianco, gradevole al palato, chiamato moscato di Saracena”. Il Moscato di Saracena si produce vinificando uve guarnaccia, malvasia, odoacra e moscatello (un vitigno locale che non è mai stato censito: non è né moscato di Alessandria, né moscato di Amburgo, e solo a Saracena la coltivazione raggiunge buoni livelli qualitativi). Le percentuali tra le diverse uve possono variare sensibilmente, ma in genere guarnaccia e malvasia sono prevalenti e viene aggiunta solo una piccola quantità di odoacra, un vitigno molto profumato e aromatico. Il moscatello, raccolto al giusto punto di maturazione, è appeso su graticci ombreggiati per 15, 20 giorni, per concentrarne, attraverso l'appassimento, zuccheri e aromi. Gli acini disidratati subiscono successivamente un'attenta selezione manuale (normalmente si tratta di un lavoro femminile), seguita da una delicata pressatura. Dopo la vendemmia, guarnaccia, malvasia e odoacra invece sono pigiate e il mosto ottenuto è sottoposto a bollitura per ottenere una riduzione di circa un terzo del totale: questo procedimento determina un aumento del grado zuccherino e quindi del grado alcolometrico. I due mosti sono assemblati e iniziano un percorso fermentativo naturale in botti di legno. Dopo un paio di settimane circa, si procede al primo travaso al quale ne seguono altri due, fino ad arrivare all’imbottigliamento, dopo circa sei, sette mesi. Il risultato è un vino dal lucente color ambra, intensamente profumato: alle note resinose e aromatiche si uniscono aristocratici sentori di fichi secchi, frutta esotica, mandorle e miele. Al palato mantiene eleganza e finezza, discreta persistenza, buon equilibrio e una piacevole nota amarognola. Il Moscato di Saracena dà il meglio bevuto i due anni di età, mentre non è adatto a un invecchiamento prolungato. Il Presidio coinvolge alcuni produttori riuniti nell’associazione “Moscato di Saracena”, ma i potenziali produttori sono molti di più: la maggior parte produce solo per l’autoconsumo. L’obiettivo è il miglioramento della qualità complessiva della produzione locale. Si sta sperimentando anche un aumento della percentuale di uve moscato di Saracena e sono iniziate le ricerche sul moscatello locale per arrivare a una registrazione del vitigno.
Presidio sostenuto da
Comune di Saracena, Comunità
Montana del Pollino, Parco Nazionale del Pollino
Responsabile del Presidio
Vittoria Maradei, tel. 0981 34162 - 34865
Zone di produzione: Comune di Saracena (provincia di Cosenza)
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a Roma Nord, nel cuore del Fleming
18.30 - 20.300
Classificazione:
Il Moscato di Saracena è un accompagnamento ideale per la pasticceria secca: per la pasta di mandorle, i bocconotti di pastafrolla con marmellata d’arancia, oppure la frutta fresca (le fragole o la macedonia). È ottimo con i fichi secchi, anche infornati, cioè imbottiti con mandorle, noci e bucce di limone e con i panicelli di uva passa (fagottini di uva zibibbo aromatizzata con bucce di cedro, avvolta in foglie dello stesso agrume e disidratata in forno). Senza dimenticare l’abbinamento a formaggi erborinati o molto stagionati.
DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita
Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org