Caratteristiche e dettagli

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La preparazione della porchetta costituisce l’eredità di una cultura millenaria, di cui rimane depositaria l’area di Ariccia, (un tempo La Riccia), nei Castelli Romani. La tradizione risale agli Etruschi, all’antica Roma e riprende, facendo riferimento a dati certi, nella grande trattatistica in campo gastronomico del ‘400 e ‘500 nel “De Arte Coquinaria” di Maestro Martino da Como (metà del secolo XV). Nel 1802 il tedesco Johann Gottfried Seume, autore del libro “L’Italia a piedi”, passando per Ariccia, manifestò il proprio disappunto per il principe Chigi, reo di aver fatto abbattere le querce secolari del suo parco per meglio far pascolare i porci bradi, progenitori delle famose “porchette”. Molte sono le “famiglie storiche” d’origini romane e dei comuni limitrofi, che da secoli lavorano con sistemi tradizionali la porchetta, tramandandosi da padre in figlio questa pregiatissima arte.

Il maiale rovesciato
Il maestro Martino, vissuto in epoca medievale, nel suo “Libro de arte coquinaria” spiega la famosa preparazione del maiale rovesciato: “Per aconciare bene una porchetta fa’ in prima che sia ben pelata in modo che sia biancha et netta. Et poi fendila per lo deritto de la schiena et caccia fore le interiori et lavala molto bene. Et dapoi togli i figatelli de la ditta porchetta et battili bene col coltello inseme con bone herbe, et togli (prendi) aglio tagliato menuto, et un pocho di bon lardo, et un pocho di caso (cacio) grattugiato, et qualche ovo, et pepero pesto, et un pocho di zaffano, et mescola tutte queste cose et mettele in la ditta porchetta, reversandola a modo che si fanno le tenche (tinche), cioè ponendo quello di dentro di fori. Et dapoi cusila inseme et legala bene et ponila accocere nel spedo, o vero su la graticula. Ma falla cocere adascio che sia ben cotta così la carne como etiamdio il pieno.
Et fa una pocha di salamora con aceto, pepero et zafrano, et tolli doi o tre ramicelle de lauro, o rosmarino; et gitta spesse volte di tal salamora sulla porchetta; et simile si po’ fare de oche, anatre, gruve (gru), capponi, pollastri et altri simili.”
La pezzatura della porchetta di Ariccia, è compresa tra 30 e 40 Kg. La fetta al taglio si presenta compatta ed omogenea, con la parte grassa ben separata da quella magra. La crosta esterna ha consistenza croccante, colore dorato e gusto sapido. La porchetta ha una carne magra; infatti, il grosso in eccesso cola durante la cottura, particolarmente lenta, sullo spiedo posto in forno a legna.
La Porchetta di Ariccia, prodotta tutto l’anno è ottenuta da suini giovani, di sesso femminile, di razze nazionali selezionate e/o di razze Landrace, Large White, Pietrain e rispettivi ibridi, allevati in Italia e/o in Paesi comunitari, di 70-80 kg di peso e piuttosto magri. Ai maiali, appena macellati, si fiammeggia la pelle per privarla dei peli, poi si lava e si raschia accuratamente, poiché costituisce una delle attrattive della preparazione. Il maiale, si priva delle zampe, si svuota tramite due incisioni sulla schiena e si disossa; lo stesso si fa con le cosce. Poi, rifilati completamente e svuotati dalle interiora, attraverso le aperture si spalma all’interno con 1,3 kg circa di sale, 160 g di pepe nero macinato e un trito di 200 g di finocchio selvatico, almeno 5 spicchi d’aglio e altri aromi che variano da produttore a produttore. Le interiora (fegato, polmoni, cuore; non i rognoni) sono lavate, sbollentate in acqua salata e tagliate a fettine, o pezzetti, poi condite con gli ingredienti menzionati e inserite all’interno.
La carne è arrotolata, accuratamente cucita, legata con spago, infilata per il lungo su uno spiedo e l’esterno del maiale punzecchiato con un coltello. La fase della legatura costituisce un elemento culturale indicativo nella preparazione della Porchetta di Ariccia. È una lavorazione prettamente manuale, praticata con ago e spago, eseguita in modo da conferire alla preparazione la conformazione caratteristica del suino e soprattutto deve essere calibrata in modo da garantire una perfetta cottura della carne ed il mantenimento della compattezza della porchetta durante e dopo la cottura. Il suino infilato nello spiedo è poi cotto in un grande forno da pane scaldato a legna. Nella parte sottostante, durante la cottura, che durerà dalle 3 alle 5 ore, ci sono dei recipienti per raccogliere il sugo. Alla fine la pelle sarà crostata e di colore bruno-oro, lucida e croccante. La porchetta si può mangiare calda, ma è più classica fredda. La Porchetta di Ariccia, oggi preparata anche industrialmente, è una specialità rinomata della tradizione gastronomica della zona dei Castelli Romani, infatti, il mercato di riferimento è principalmente locale, ma lentamente sta diventando ampliando.

Inserito nell&rsquo
elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Sinonimi: porchetta di suino. Descrizione sintetica del prodotto: un suino intero allo spiedo, aromatizzato e cotto al forno.

Zone di produzione:  Ariccia, in provincia di Roma e più in generale, la zona dei Castelli Romani.

Classificazione: 

Per le sue dimensioni, la porchetta è una preparazione adatta alle feste paesane, oppure alle fiere. È un prodotto tipico dell’artigianato alimentare, in tutta l’Italia centrale e si vende fredda sulle bancarelle o in negozietti particolari. La porchetta è l’emblema della convivialità, della festa e del piacere della tavola popolare. È una preparazione aromatica e speziata, con un buon sapore, discreta grassezza, di percettibile tendenza dolce, succulenza e di lunga persistenza gusto-olfattiva. La Porchetta di Ariccia è da gustare con il pane casareccio di Genzano e con un vino rosso che sprizzi gioventù, con profumi intensi e cenni di vinosità, caldo e di discreta morbidezza, piacevolmente fresco, poco tannico, abbastanza sapido e con buona persistenza aromatica intensa, quale un Castelli Romani Rosso, un Penisola Sorrentina Rosso Frizzante, sottozona Lettere, o un Sangiovese di Romagna Novello.

DOP = Denominazione di origine Protetta
IGP = Indicazione Geografica Protetta
STG = Specialità Tradizionale Garantita

Descrizioni ed informazioni tratte da Slowfood, Qualivita, Agraria.org

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